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venerdì 15 novembre 2013

Semplicità e religione

Era l'estate del 2002, un anno che ora pare lontano. Era un'estate calda, afosa e difficile da sopportare, ma tutto sommato ci si divertiva, si stava bene. Quell'anno mia madre, come al solito, iscrisse me e mio fratello all'estate ragazzi dell'oratorio salesiano di fronte a casa. Era, ed è tutt'ora, proprio un bel posto. C'erano i campetti da calcio, quello da basket, i calcio balilla, il biliardino e tante altre fonti di divertimento per noi bambini scontenti ed annoiati. Devo ammettere che pur non essendo mai stato un fanatico dello sport e del movimento in generale, trovavo interessante l'avere tutta "quella roba" in unico posto. Mi piaceva poter provare ogni giorno nuovi ruoli sportivi. Una volta ero un portiere incapace, la volta dopo il cestista fortunato.
Nonostante ciò, qualcos'altro mi incuriosiva, qualcosa in grado di contraddistinguere quegli anni. Era la fantasia, la tenacia e la passione che i nostri animatori mettevano in campo tutte le volte. I ragazzi con quel poco che avevano scuotevano davvero la terra dalle fondamenta e a noi sembrava di ballare. Non grazie ai vari "inni" che di anno in anno si sostituivano ad ogni nuova edizione, ma grazie alle energie che si riusciva tutti insieme a liberare. Certo, detto così, sembra che tutto fosse rose e fiori o peggio che fosse tutto perfettamente organizzato. La realtà è ben diversa. Incomprensioni, problemi tecnici e qualche favoritismo,  erano all'ordine del giorno, ma più di tutto c'era la preghiera al mattino e alla sera. Devo ammettere che difficilmente riuscivo a farmela andare giù, ma in fondo mi sembrava un compromesso equo, contando ciò che si faceva. Fu questo il mio primo approccio con la religione e con la chiesa. Era facile, bello e divertente. In fondo non si doveva fare molto altro se non giocare, ma è stato crescendo che le cose sono cambiate. Qualcosa si spezzò e smisi di frequentare il luogo dove in un modo o nell'altro ero cresciuto. Entrai nella fase ribelle della mia vita. Si scatenò in me la voglia di urlare, spaccare e distruggere. Così mi ritrovai nel pieno di un'esplosione vulcanica dove a volare non erano le ceneri o i piroclasti, bensì gli slogan preconfezionati e la musica ad alto volume. Alla preghiera si sostituì la battutaccia, la parolaccia e il rock and roll, smisi di andare a messa e comincia a dubitare dell'esistenza di Dio. Malgrado ciò rimase in me un ricordo dell'infanzia legato alla fede. Smisi di pregare per un qualcosa che non riuscivo a comprendere, una trinità che è anche uno, no, era troppo complesso. Ridussi Dio ai minimi termini. Pensai che il messaggio potesse essere racchiuso in poche parole: amore, umiltà e semplicità. Col passare del tempo e nonostante le follie adolescenziali, questi tre concetti acquistarono un maggiore spessore. Cessavano d'essere semplici concetti e si caricavano di esperienze, ricordi e vita reale. Anche se talvolta me ne dimenticavo (e me ne dimentico tutt'ora) li trovo fondamentali per la riuscita di tutti i propri progetti e mi stupisco di come non significhino nulla per molte persone. Infatti quando si tratta di stilare la lista dei miei "eroi" mi baso più sulle loro capacità morali, che sulla loro notorietà. Ed oggi, in un mondo che è sempre più complesso e sfuggente chi riesce ad essere semplice ed umile conquista il mio rispetto e la mia stima. E' per questo che dopo tanti anni di abbandono e critiche incessanti al mondo ecclesiastico mi permetto di difendere questo papa. Egli è, senza esagerazioni o idolatrazioni di sorta, il rivoluzionario giusto al posto giusto. E' un umile, uno semplice, uno giovane e sopratutto uno che ascolta e che si mette in gioco. E' proprio questo di cui ha bisogno il nostro mondo. Non di nuove manovre economiche, nuove espansioni finanziarie, nuovi corrotti e nuovi mafiosi (canditati in partiti morti e resuscitati). No, ora abbiamo bisogno di amore, umiltà e semplicità.

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